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LA VERITA’ |
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NON HA BISOGNO DI BANDIERE POLITICHE |
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MERCOLEDÌ 21 SETTEMBRE 2016 | ||||||||||||||||||||||||||
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Giuseppina Ghersi (1931 – 30 aprile 1945) era una studentessa di 13 anni dell'istituto magistrale "Maria Giuseppa Rossello" del quartiere “La Villetta” di Savona. Una bambina accorta e diligente, figlia di commercianti ortofrutticoli abitava in via Tallone, attualmente via Donizetti. Dall’esposto del padre, Giovanni Ghersi, presentato al Procuratore della Repubblica di Savona in data 29 aprile 1949, di cui è possibile chiedere copia all’Archivio di Stato di Savona, e che consta di sei cartelle minuziosamente vergate a mano, leggiamo che: “Il 25 aprile ‘45, alle 5 pomeridiane” i partigiani, appena entrati a Savona, chiedono ai Ghersi del “materiale di medicazione” che la famiglia non esita a “fornire volentieri”. Il giorno successivo, come di consueto, i coniugi si dirigono verso il loro banco di frutta e verdura, ma in zona San Michele, poco dopo le 6.00 del mattino, sono fermati da due partigiani armati di mitra. Vengono portati al Campo di Concentramento di Legino , situato nella zona dell’odierno complesso delle Scuole Medie Guidobono, dove un terzo partigiano sequestra loro le chiavi dell’appartamento e del magazzino. Dopo circa mezz’ora viene deportata al Campo anche la cognata e i partigiani, senza testimoni, possono finalmente procedere rubando le merci dal negozio e tutti i beni della famiglia presenti in casa. Solo Giuseppina manca all’appello perché ospitata da alcuni amici di famiglia in Via Paolo Boselli 6/8. |
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La Sig.ra Ghersi viene rilasciata dopo 12 giorni di
detenzione ed è costretta a recarsi presso al sede
Comunista del quartiere Fornaci per domandare le
chiavi della propria casa. Queste le vengono
restituite solo il giorno successivo quando,
accompagnata da un caporione del PCI, può
riappropriarsi parzialmente dell’appartamento: il
funzionario politico provvede infatti a sigillare
tutte le camere eccetto una stanzetta e la cucina.
E’ quasi estate e il marito viene liberato
dal carcere l’11 giugno senza mai essere stato
interrogato per tutta la durata della detenzione. In
questa circostanza apprende la notizia della morte
di sua figlia e, nonostante il tremendo peso che
aggrava il suo cuore, ritrova dentro casa la moglie
prossima alla follia.
Il Sig. Ghersi si rivolge alla Questura
dove, per via delle ruberie, gli viene corrisposto
un acconto di 150.000 Lire mentre un agente si offre
d’aiutarlo nella rimozione dei sigilli apposti ai
locali della propria casa.
L’uomo, dovendo provvedere a moglie e
cognata, viene assunto “per compassione” presso il
consorzio ortofrutticolo dove riesce a percepire il
minimo necessario per sopravvivere.
Sembra quasi che le cose tendano verso una certa normalizzazione, quando la notte dell’11 Luglio, a un mese esatto dalla scarcerazione di Giovanni, si iniziano ad avvertire alcuni rumori che svegliano di sobbalzo la famiglia. Un gruppo non identificato di persone cerca di forzare la porta di casa Ghersi che, fortunatamente, non cede.
Giovanni e Laura non riescono più a
sostenere l’onere delle violenze subite e fuggono da
Savona affrontando una vita di stenti e povertà
incontrando in ogni dove il sospetto dei funzionari
politici del Pci. Situazione del tutto simile a
quella dei profughi istriani che, giunti in Italia,
si trovano costretti a fuggire in altri paesi per
via della pressione esercitata sul Governo, da parte
del Partito Comunista Italiano. “Abbiamo dovuto
scappare - si legge nell’esposto del Sig Giovanni -
all’alba come ladri, da casa nostra, dalla nostra
città , senza mezzi e senza lavoro, vivendo per anni
in povertà e miseria, pur sapendo che gli assassini
della mia bambina di appena 13 anni, vivevano nel
lusso impuniti, onorati e riveriti, con i nostri
soldi e di tutti quelli che erano morti o che erano
dovuti scappare.
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LA MEMORIA NEGATA | ||||||||||||||||||||||||||
Negli anni ’50 il Sig. Stelvio Murialdo
insieme ad altri amici decide di fissare un incontro
periodico per cercare di dar voce alle storie negate
dalla vulgata resistenziale. Nasce il primo gruppo
dell’Associazione Ragazzi del Manfrei. Sono anni
difficili attraversati da un filo rosso di omicidi
come testimonia, ad esempio, il delitto del
Commissario Salemi messo a tacere dalla misteriosa
“Pistola Silenziosa”. L’unico ambiente che accoglie
queste testimonianze è quello del Movimento Sociale
Italiano col conseguente isolamento che ne consegue.
I familiari delle vittime così come i testimoni
oculari sono tacciati di essere dei nostalgici del
Fascismo e né i giornali né gli autori di storia
locale concedono cittadinanza a simili storie.
Passano i decenni finché, a livello
nazionale, sembra aprirsi qualche spiraglio di
speranza: il 2005 è l’anno del primo giorno del
ricordo per i martiri delle Foibe e, timidamente,
nel 2008 alcuni iniziano a chiedere alla locale sede
de La Stampa di Savona la possibilità di parlare
finalmente di Giuseppina Ghersi. Il Consigliere di
Circoscrizione Vito Cafueri chiede, senza successo,
che la piccola ottenga una targa in sua memoria nel
quartiere Fornaci. Sembra comunque che il clima stia
cambiando: l'ex senatore del Pci Giovanni Urbani,
all'epoca commissario politico della divisione
partigiana Gin Bevilacqua, dichiara: «Sono sceso a
Savona proprio quel giorno ma non sapevo di questo
episodio che merita di certo un approfondimento
negli archivi. Non sarebbe un caso isolato. Venivamo
da una guerra civile in cui era successo veramente
di tutto» ma le reazioni non tardano e la Sig.ra
Vanna Vaccani Artioli, per 27 anni Segretaria
Provinciale e Consigliere Nazionale dell’Anpi
afferma: «Mi ricordo Giuseppina Ghersi. Era poco più
che una ragazzina ma collaborava con i fascisti. La
sua fu sicuramente un'esecuzione». L’infondata
accusa di collaborazionismo non può essere ribattuta
perché, nel contempo, i parenti di uno dei
partigiani probabilmente coinvolti nel fatto,
denunciano La Stampa richiedendo un risarcimento che
per legge spetta loro visto che il crimine in
questione è stato amnistiato dalla Repubblica
Italiana e a nessuno può essere imputato. I giornali
scelgono di non parlare più del fatto fino all’11
febbraio 2010 quando La Stampa concede un piccolo
ritaglio alla notizia dell’interpellanza del
Consigliere Comunale Alfredo Remigio che, in
sostegno all’iniziativa lanciata dai Ragazzi del
Manfrei, chiede che sia “intitolato uno spazio
pubblico o, quantomeno, istituito un Giorno del
Ricordo in memoria di Giuseppina Ghersi”. Il Comune
di Savona respinge la richiesta e in tutta Italia,
via internet, sorgono gruppi spontanei in sostegno
alla memoria di Giuseppina Ghersi. i Settori
dell’estrema sinistra insorgono su vari siti e blog.
L’enciclopedia “libera” Wikipedia nega
ripetutamente la possibilità di redigere una pagina
a memoria dei fatti, mentre l’Anpi, alla richiesta
di collaborazione avanzata dai Ragazzi del Manfrei,
risponde col silenzio.
Da qui ai nostri giorni: La
Città di Savona e l’Italia del Diritto la
ricorderanno mai?
Rosso, nero, bianco, azzurro. I colori della
Vita diventano strumenti di odio in mano a chi si
identifica in una ideologia, al di là del buon
senso. Al di là del colore politico, una sola tinta
si presta a connotare il racconto, il rosso del
sangue dei martiri di tutti i tempi, assieme al
bianco dell’innocenza, il verde della speranza.
Speranza che si riscriva la storia, che sia fatta
giustizia. Perché ciò che è stato è stato, ma
abbiamo oggi il dovere di restituire dignità ai
genitori della piccola Giuseppina e a tutti coloro
che sono stati privati dei loro diritti, al di là
dell’appartenenza politica. Nel viaggio finale,
quello che siamo destinati a compiere tutti, non ci
sono più colori e appartenenze, ma azioni,
sentimenti, valori. E il colore, è quello
dell’amore.
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Il 29 aprile del 1949, il padre della povera Giuseppina Ghersi,
Pinuccia, rapita, stuprata ed assassinata da tre partigiani
comunisti nella notte del 30 aprile 45, prende carta e penna e mosso
dalla rabbia e dalla disperazione per cio’ che la sua famiglia ha
subito, torture, percosse, espropri, omicidi, minacce, scrive un
esposto alla Procura della Repubblica di Savona. |
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Sono arrivato alla determinazione di sottoporre
alla S.V. i fatti, affinche’ sia fatta luce su questa faccenda, e
vengano puniti i responsabili del delitto commesso in persona della
mia bambina oltreche’ di tutti i furti che abbiamo dovuto subire. |
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FONTE: | ||||||||||||||||||||||||||
PUBBLICATO DA MAURIZIO Su Blogger dal gennaio 2012 | ||||||||||||||||||||||||||